Ritorno alla pellicola 35mm

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La pentax Mx con la pellicola Ilford

Alzi la mano chi della mia generazione,nato alla fine degli anni ’70, non si è trovato a chiedere ai propri genitori di lasciargli scattare una fotografia ma sentirsi rispondere con un rifiuto secco!
Non tutti i genitori sono stati cosi avari di pellicola, e per fortuna mio padre non era uno di quelli. Era comprensibile però che molti lo fossero. La pellicola costava, lo sviluppo pure, e quindi ogni scatto andava centellinato, studiato, ripensato. Alle volte si rinunciava tenendosi il colpo in canna per momenti migliori.

A quei tempi per me la fotografia era una cosa da grandi, troppo distante dagli interessi di un bambino scapestrato e poco paziente, ma capace di incuriosirmi quando vedevo la meticolosità che ci metteva mio padre mentre scattava le sue foto. Vederlo affrontare i sentieri di montagna con una borsa fotografica pesantissima, con dentro le sue amate Pentax Mx e Pentax ME Super, grandangolari, teleobiettivi perché “e se incontrassimo una marmotta?“, una telecamera persino, di quelle che al giorno d’oggi vedi in spalla solo ai cameraman in tv, mi sembrava folle, ma ero abbastanza curioso da chiedere il permesso di fare una foto magari alla mia sorellina, o al fiore a bordo sentiero che in quei momenti mi sembrava essere la più bella stella alpina.

Così a distanza di 40 anni, dopo aver rispolverato entrambe le macchine fotografiche analogiche che avevo in casa, ho deciso di percorrere la strada della pellicola per vedere se effettivamente l’analogico conserva ancora quel fascino che i vecchi fotografi spesso rimpiangono.

Il primo rullino, un Ilford Hp5 Plus 400 asa, bianco e nero, è finito dritto nella Pentax Mx. La scelta del bianco e nero è venuta fuori dopo una discussione con l’amico Marco Pantanella, fotografo di vecchia data che da sempre unisce la passione per la montagna a quella per la fotografia, e che è riuscito ad immortalare l’orso marsicano quando le raffiche erano un lusso per pochi. Insomma uno che la sa lunga sull’argomento. Fu proprio lui che, intuìto l’utilizzo che avrei fatto dell’analogico, ovvero concentrarmi sui ritratti dei miei figli, mi consigliò di puntare ad una pellicola con asa abbastanza elevati che restituisse una decisa granulosità alla foto.

Dal primo scatto allo sviluppo sono passati mesi. Esatto, mesi. Cinque per l’esattezza. Questo perché come ho detto all’inizio, le foto vanno ricercate, studiate. Bisogna essere sicuri che lo scatto valga la pena, che le condizioni di luce siano ottimali, che effettivamente quella foto poi la metteremo in un album o in una cornice. Quindi ho cercato di scattare prevalentemente in occasioni speciali o in vacanza. E nonostante tutte le accortezze alcune foto le ho sbagliate alla grande; esposizione in una, messa a fuoco in un’altra. Ma del mio primo rullino di 36 pose almeno una buona metà sono foto da conservare, e tre, scelte tra le migliori, le ho messe in cornice, perché riuscite proprio bene e non potevo non valorizzarle dandogli un posto d’onore in casa.

Comprato un altro rullino, stessa marca e modello, a settembre 2018 inizio a scattare di nuovo in 35mm, stavolta con la Pentax Me Super, macchina più moderna e superiore sotto certi aspetti rispetto alla sorella maggiore, come ad esempio l’esposimetro che presenta molti più led e concede quindi più margine di movimento. Anche stavolta mi sono concetrato sui ritratti, affidandomi all’ottimo Asahi Pentax 50mm 1.7, una lente straordinaria, nitida ed incisiva, maneggevole e non troppo pesante, che consiglio di usare anche con adattatore sulle vostre reflex digitali.

Sottoesposizione nella foto in alto a sinistra. Esposizione accettabile in alto a destra. Esposizione corretta in basso.

Stavolta i risultati sono stati meno soddisfacenti del primo rullino. Molte foto sono risultate sottoesposte. Un mea culpa è d’obbligo. Sicuramente molte delle foto venute male sono sottoesposte perché le ho sbagliate io. Spero però che anche l’esposimetro ci abbia messo lo zampino. Questo perché foto fatte nella stessa condizione di luce a distanza di qualche minuto o persino secondi, hanno restituito risultati diversi, quindi il dubbio mi è venuto, o forse sto solo cercando delle scuse per sentirmi meno mortificato! Confrontandomi con il negozio che ha eseguito sviluppo e stampa, ho dovuto ammettere gli errori e dovrò rimboccarmi le maniche per la prossima volta, cercando di esporre meglio.

Ma il bello della pellicola è proprio questo. Fino a che non hai in mano la foto non sai se sei stato un bravo fotografo oppure no. E’ evidente il vantaggio che hanno le reflex digitali, che danno la possibilità di controllare immediatamente lo scatto eseguito consentendoci di modificare l’esposizione o la messa a fuoco. E possiamo provare e riprovare fino a che non siamo soddisfatti del risultato.

Risultato che spesso non viene finalizzato in una stampa, ma finisce su hard disk pieni zeppi di fotografie che al massimo vengono pubblicate sui social network. E io guido la colonna di fotografi che hanno questo modus operandi, tranne che per le foto dei miei figli, ognuno con il proprio album personale che rappresenta la cronistoria della sua vita. Tutto il resto è nell’hard disk, in qualche social o nella casella email di qualche concorso fotografico.

Scattare in analogico mi piace. Il costo da sostenere non è così elevato come molti sostengono. Un buon rullino si può trovare sui 10 euro, e lo sviluppo si può fare per 16 euro. Qui però devo fare una distinzione fondamentale in base alla mia esperienza.
Premetto che prima di portare a sviluppare il rullino mi sono documentato abbasstanza. Scartata subito l’ipotesi dello sviluppo casalingo, sia perché non ho una stanza da dedicargli, tanto per cominciare, sia perché avere acidi in casa con bambini piccoli non mi sembrava la scelta più saggia che un padre potesse fare, ho deciso di rivolgermi a laboratori di professionisti.

Il primo rullino è stato sviluppato e stampato, per mia fortuna, da un laboratorio bianco e nero vecchia maniera, di quelli che fanno gli sviluppi sempre a mano. Questa fortuna è dovuta ad un errore assolutamente perdonabile del fotografo che aveva preso in carico il rullino, che dimenticandosi di farlo sviluppare, decise senza farmi pagare sovrapprezzo di mandarlo ad un laboratorio dedicato. I risultati sono stati ottimi.

La prima foto è stata stampata con il metodo semiautomatico, la seconda con il metodo manuale. Si nota chiaramente la differenza di contrasto e definizione a favore di quella sotto.

Ma quindi esiste un altro metodo di stampare la pellicola? Purtroppo si. E non tutti lo sanno, nemmeno io lo sapevo, l’ho scoperto dopo aver capito quale differenza di prezzo chiedono i veri laboratori artigianali rispetto ad una stampa fatta da una macchina, in modalità semi-automatica.

Quindi se da un lato c’è questa possibilità molto economica di far sviluppare i nostri rullini ad un costo contenuto e con risultati più che soddisfacenti (intendiamoci; le stampe non è che fanno schifo, ma rispetto a quelle fatte sotto ingranditore sono decisamente meno incisive e contrastate), dall’altro sappiate che chi vi chiede di più è perché molto probabilmente fa tutto a mano, come si faceva una volta, recuperando anche scatti esposti male, un pò come si fa ora con gli editor d’immagine, ma che nei processi semi-automatici NON viene fatto.(Ovunque abbia chiesto mi è stato risposto che nello sviluppo semi-automatico non c’è alcun tipo di intervento da parte del laboratorio per quanto riguarda contrasti o altri aspetti di elaborazione.)
Quindi quando prendete accordi per sviluppo e stampa accertatevi quale metodo verrà usato, specificate bene quello che chiedete per evitare di pagare di più per lo stesso procedimento che l’ottico sotto casa vi farà pagare la metà.

Qualche scatto del primo rullino, interamente sviluppato a mano!
Ci si può divertire anche con una analogica. Questo scatto è stato una sorpresa, avendolo visto solo qualche mese dopo.

Dopo quest’ultimo rullino sono indeciso se tentare la strada del colore con la nuova reflex analogica che ho da provare, una Yashica Fx-3 Super 2000, o continuare nella via del bianco e nero. Se qualche vecchia guardia o qualcuno più esperto di me in materia analogica volesse condividere le proprie esperienze nei commenti su quale pellicola utilizzare, sarebbe cosa davvero gradita.

Concludo consigliando a chi avesse a casa una anologica che è nascosta in qualche armadio a prendere polvere di tirarla giù, pulirla e rimetterla in sesto se necessario (ho scoperto solo dopo aver sviluppato le foto che la Pentax MX non chiudeva correttamente le tendine e una decina di scatti sono venuti rovinati da bande nere), perché sappiate che con 20 euro di spesa, tra pellicola e sviluppo/stampa potrete entrare in questo mondo che non smette di affascinare un fotografo la cui passione è sbocciata nell’era del digitale.

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